lunedì 23 agosto 2010

Sport Italians lettere a Beppe Severgnini

Sono il presidente di una piccolissima società sportiva (un centinaio tra ragazzi e ragazze che praticano calcio, pallavolo e nuoto), e le scrivo per denunciare cosa siamo costretti a subire per permettere di fare sport. Nell'ultimo comunicato della Lega dilettanti c'è un allegato con gli oneri finanziari: aumento del costo dei cartellini, e introduzione di una tassa di iscrizione per le categorie che non prevedono l'arbitro (Esordienti e Pulcini). Una piccola società come la nostra spende circa 800 euro contro i 600 dello scorso anno, con 10 tesserati in meno.
Mi viene da dire che del settore giovanile in Italia non frega niente a nessuno. Si assumono i Baggio, i Sacchi e i Rivera (non ce l'ho con loro), ma si fa molto poco per il settore giovanile e scolastico. Pensi che nel nostro paesino ci sono mille abitanti e facciamo fare sport a cento bambini.
Riccardo Martinelli

Caro Martinelli, la questione che lei solleva è seria. Altre voci, dal mondo del calcio giovanile, mi dicono le stesse cose. Oggi conta più l'investimento del divertimento. Per trovare un campioncino - che magari raggiunge tre presenze in A e poi svanisce - si è disposti a sacrificare migliaia di ragazzi. Colpa di alcuni osservatori, in cerca del colpaccio; del mercato, che li illude; di certe società, il cui presidente berlusconeggia o moratteggia, anche se ha una sede sociale grande come una scatola di scarpe.
Ma non ci sono solo loro. Mi sembra che anche allenatori e genitori abbiano responsabilità. I primi sono ammirevoli, di regola: accettano l'incarico per passione, e poi s'entusiasmano. A qualcuno, però, la cosa scappa di mano. Non capisce che è lì per far divertire i bambini; e punta solo alla vittoria. Peccato che serva più a ridurre le sue frustrazioni che a rendere felici i piccoli giocatori. Anche tra i genitori c'è di tutto. Mio figlio ha giocato un po', da bambino, e ho visto tanti papà e mamme entusiasti e generosi; altri, meglio lasciarli perdere. Attaccati alle reti a insultare l'arbitro- o magari il figlio, se si era lasciato scappare via l'avversario. Lo sport dilettantistico ha queste derive , ogni tanto. Penso al ciclismo. Ho amici medici che mi raccontano come i pazienti chiedano stimolanti per i figli adolescenti, affinché possano vincere. Sarebbero da prendere e frustare: i genitori, ovviamente, non i figli.
Beppe Severgnini Sport Italians (La gazzetta dello sport 23 agosto 2010)

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